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salute e benessere cambiamento consapevolezza emozioni felicità

robiv robiv, 05/12/2015 — Ho pensato che la perfezione è decisamente sopravvalutata. Cos’è questa perfezione? Nel mondo occidentale rientra in dei precisi canoni comuni, che cambiano a seconda del periodo storico. Ciò che non cambia mai è che il modello imposto viene diffuso come l’unico sano e accettabile, tutto il resto è diverso, strano non consigliabile.

Il punto è questo: la forma fisica è importante, prendersi cura del proprio corpo altrettanto  ma seguendo i nostri personali ritmi.

Iniziamo a prendere consapevolezza del nostro corpo, consideriamolo non solo come un involucro, talvolta dimenticandocene proprio. Non ricordiamoci di lui solo quando manifesta il suo disagio soffrendo e dandoci dei segnali inequivocabili.

Ma cosa significa essere presenti al proprio corpo? Essere davvero in contatto con lui?

Significa essere consapevoli di ciò che abbiamo dentro, delle nostre esigenze e delle nostre emozioni,  essendo più attivi, maggiormente coscienti delle nostre risorse. 

Proviamo a concentrarci su noi stessi per 3 minuti: mettiamoci comodi, chiudiamo gli occhi e domandiamoci: come mi sento nel mio corpo? Quali sono le parti tese, rilassate, scomode o comode? Di che umore sono? Sono triste, felice, arrabbiato, entusiasta, scoraggiato… ? Quali sono in questo momento i miei pensieri dominanti?

Tutto questo ha l’obiettivo di riportare la nostra energia al presente. Spesso siamo bloccati nel passato o proiettati nel futuro.

E’ importante sentirsi nel “proprio corpo” essendo consapevoli di ciò che accade dentro di noi, fisicamente ed emotivamente, proprio per concentrarci sul qui ed ora per rigenerarci. 

Allora smettiamola di seguire i classici diktat, inventiamoci giorno dopo giorno, rimanendo però fedeli a noi stessi, a quello che ci fa stare davvero bene.

Questo è il più grande regalo che possiamo farci e possiamo fare! 

Comincia subito il tuo diario delle buone pratiche green.
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don_chisciotte
don_chisciotte

Relativamente al contenuto di questa Buona Pratica (che per la gran parte condivido), data che è stata proposta da una psicologa, vorrei esprimere una mia opinione ‎su un concetto che mi è sempre più chiaro nella testa e che credo sia la chiave risolutiva dei malumori dell'uomo moderno, ma che in questo caso non mi sembra sia stato sviscerato. La medicina in passato era considerata "olistica", cioe' guarigione del corpo, della mente e dell'anima. Quindi anche la psicoterapia era connessa con la natura e con tutto il cosmo. La psichiatria della moderna società occidentale ha separato la vita "interiore" dal mondo "esterno", come se quello che è dentro di noi NON fosse anche all'interno dell'universo. Non so se riesco a spiegarmi: ma ciò che è dentro di noi non può essere separato dal mondo naturale di cui facciamo parte: e' qualcosa di reale, consequenziale e inseparabile dallo studio del mondo naturale. La moderna psicoterapia quindi si concentra prevalentemente sull'individuo e si pratica nello spazio ristretto di uno studio o di un consultorio. Proprio in quanto tende a dissociare l'individuo dal contesto ecologico, mostra di essere radicata in una visione distorta della realtà (perché appunto non valuta l'aspetto del contesto ecologico in cui siamo inseriti per natura). Se manca questo collegamento diventa un'impresa difficile il "cambio prospettiva" ma se ci apriamo all'universo, nel verso senso della parola, avremo la strada spianata. 

frabarenghi
frabarenghi

La buona pratica che hai proposto è ricca di spunti infiniti e si potrebbe andare avanti - anzi: ANDREMO avanti - per mesi o anni, scommetto. Leggendoti altrove ho trovato qualcosa di molto amaro - e vero - che mi permetto di citare: "... la totale miopia del mondo adulto, in cui si incorre sempre nel solito errore di non ascoltare i più giovani, ma anzi di trattarli come delle marionette senza nessun potere decisionale... "; ecco, mi sgorga spontanea questa risposta a questo tipo di atteggiamento verso i giovani: perché è l'adulto stesso che si sente così, ossia una marionetta senza potere decisionale. Poi questa considerazione potrebbe dare spazio a spunti di tipo politico o complottistico ed esondare in tante altre buone pratiche già pubblicate, ma al momento mi limito a pensare alle implicazioni educative dell'annichilimento degli adulti. Quindi sono convinta che voler attuare questa buona pratica diventi un atto di responsabilità verso gli altri, oltre che una spinta evolutiva per sé stessi. E il nostro corpo non potrebbe che essere d'accordo.

robiv
robiv

Assolutamente! È innanzitutto una fortissima responsabilitá verso noi stessi. Esseri in piena e consapevole evoluzione! :)

don_chisciotte
don_chisciotte

L'incapacita' dell'uomo di mettere in sintonia i propri pensieri con le risposte che gli vengono dal corpo e' alla base di una lunga analisi che caratterizza alcuni spettacoli teatrali di Giorgio Gaber. Il suo coautore, Sandro Luporini, cosi' sintetizza l'argomento:" alla fine possiamo fare tanti bei discorsi, anche quelli che ci sembrano piu' giusti, ma poi e' il nostro corpo che, come accade per il cibo, deve contenerli ed assorbirli. La sua ribellione istintiva e la sua incapacita' di digerire una certa idea si manifestano con un malessere fisico chiaro, che non possiamo fingere di non vedere. E' una reazione naturale del corpo - il guardiano piu' onesto che l'uomo possieda - a un pensiero che gli e' impossibile contenere. E' da questa mancanza di sintonia tra il corpo e la mente che vengono fuori i nostri comportamenti contraddittori. Il naufragio dei nostri slanci personali, tutti i nostri fallimenti sono una conseguenza della distanza tra pensiero e sentimento. Anche la nostra impotenza, alla fine, e' soltanto una mancanza di equilibrio tra corpo e cervello. E' come se si fiaccasse l'essenza naturale della vita. E' la morte della naturalita' - e non della natura - il primo vero rischio dell'uomo. Qualcuno ha azzardato l'ipotesi che Gesu' Cristo volesse intendere la stessa cosa con l'Eucarestia: l'idea che ti entra nel corpo". (Tratto da "Vi racconto Gaber" di Sandro Luporini).

Un'idea, un concetto, un'idea finche' resta un'idea e' soltanto un'astrazione. Se potessi mangiare un'idea avrei fatto la mia rivoluzione (Un Idea, da "Dialogo tra un impegnato e un non so" 1972)

robiv
robiv

Si, il corpo parla, ed è proprio vero che è un guardiano incrollabile, e che nonostante tutti gli sforzi che si possano compiere lui è sempre lì con le sue manifestazioni! Grazie per questa splendida condivisione, non la conoscevo!

don_chisciotte
don_chisciotte

Grazie a te. Per completezza di informazioni indico i titoli degli spettacoli teatrali di Gaber che trattano questo tema: Dialogo tra un impegnato e un non so (1972/1973); Far finta di essere sani (1973/1974); Anche per oggi non si vola (1974/1975). Sono tutti reperibili su cd della Carosello Records. In "Far finta di essere sani" le parole "corpo" e "mente" ricorrono almeno centoquarantacinque volte...il corpo vince settantaquattro a settantuno!

robiv
robiv

Quanto ci manca il signor G.

don_chisciotte
don_chisciotte

Casualmente, proprio in questo periodo ed concomitanza con l'inserimento di questa Buona Pratica da parte di robiv, sto approfondendo la conoscenza delle opere teatrali di Giorgio Gaber e, come avevo gia' scritto nei commenti precedenti, ho imparato l'attinenza tra molte sue tematiche e la psicologia. Ora, con questo ulteriore commento vado piu' nel dettaglio perche' ho finalmente ascoltato l'album "Far finta di essere sani" e, grazie alla contemporanea lettura del libro "Vi racconto Gaber" di Sandro Luporini (coautore di Gaber), ho riscontrato la forte corrispondenza con l'argomento trattato in questa Buona Pratica. Quindi condivido con voi alcuni passi del libro sperando che possa esservi utile:

  • Nei primi anni 70 c'era un grande interesse e una forte curiosita' per i temi della psicanalisi. In particolare allora era molto diffuso un libro di uno psichiatra e filosofo scozzese, Ronald Laing. Il titolo era "L'io diviso", che divenne un riferimento culturale fondamentale. Laing affrontava il tema della schizofrenia sostenendo che questa non e' soltanto un disturbo psichico, ma la principale malattia del nostro tempo. Essere vivi senza averne certezza pare una condizione non piu' tipica del soggetto schizoide in senso stretto, ma anche dell'uomo apparentemente sano. La prima dissociazione che deriva da questa profonda insicurezza dell'io e' proprio quella tra corpo e mente. Questo accade di frequente, secondo Laing, anche nei soggetti ritenuti sani. L'individuo che si sente distaccato dal proprio corpo e' come "un oggetto tra tanti altri oggetti nel mondo".

  • Alla fine bastava guardarsi intorno con un po' d'attenzione. Era chiaro che molti atteggiamenti derivavano proprio da questa separazione tra la nostra essenza vera e quell'immagine che siamo costretti a costruirci per sentirci piu' accettati dagli altri.

  • la canzone "L'elastico", in questo senso, e' quella piu' direttamente riferita a "L'io diviso" di Laing. In quel brano si parla di schizofrenia, ma non certo in modo scientifico. All'inizio, come in una specie di sogno o incubo, c'e' l'immagine di una mente che, per mezzo di un elastico trascina un corpo che la segue a fatica. Questa immagine da' l'idea di quanto sia difficile essere in coincidenza con il proprio pensiero che, con insistenza, spinge in avanti. L'elastico rappresenta il tentativo di tenere insieme le due entita', corpo e mente; quando pero', per il troppo tendersi, si spezza, allora corpo e mente restano completamente separati.

  • nelle parole "me, fuori di me" c'e' tutta l'angoscia di una patologia ormai chiaramente schizofrenica. Qui potete ascoltare il brano per intero m.youtube.com

irene70 - disiscritto
irene70 - disiscritto

Ciao Roberta, mi interessa molto questo argomento, ma non sono sicura di aver capito come fare: praticamente tu dici, e giustamente, che il corpo va ascoltato (magari prima che un dolore cominci a farsi sentire in maniera costante e forte), che dovremmo chiederci attraverso l'ascolto del corpo come stiamo anche a livello emotivo. Poi però, se le risposte a quelle domande fossero tutte poco piacevoli, cosa facciamo, cioè come si riesce a cambiare? si parte dal corpo o dalla mente? tutto da soli o si chiede aiuto? (... dimentichiamo quelle risposte e ci proibiamo categoricamente di farci altre domande?) riuscendo a intervenire, sarebbe un regalo davvero bellissimo comunque. Ci sono per caso delle letture che puoi consigliare? Intanto grazie!

robiv
robiv

Ciao Irene, grazie per avermi scritto innanzitutto! Ascoltare sè stessi può essere un primo passo. L'ascolto presuppone anche di sentire qualcosa che non sempre ci va di sentire! Un suggerimento che posso darti è sicuramente quello di legittimare le nostre emozioni. Ascoltarle e accoglierle anche quando spesso sembra quasi che siano inspiegabili. Nella nostra società siamo abituati a considerare solo quelle positive, mentre lasciamo da parte invece la tristezza o la rabbia. Si tratta di riuscire a canalizzarle nel modo giusto. Ti invito se vuoi a venirmi a trovare su www.cambioprospettiva.it Grazie mille a te e un abbraccio :)

irene70 - disiscritto
irene70 - disiscritto

Ti ringrazio moltissimo per il tuo suggerimento: è vero, riconoscere e quindi legittimare (per poi provare a cercare una direzione nuova) anche le emozioni che consideriamo 'sbagliate' o poco adeguate a quello che siamo noi, penso sia molto importante (per non implodere!); passerò senz'altro a leggerti nel tuo sito, ciao, grazie!

robiv
robiv

Grazie a te Irene :)

irene70 - disiscritto
irene70 - disiscritto

Scusami, sono di nuovo qui (instabile ma ce la posso fare! :D): in sostanza un corollario di questa buona pratica potrebbe essere 'non giudicarsi'(o almeno non in modo troppo intransigente, anche perché a apuntarci il dito contro già ci pensano, spesso e abbondantemente, gli altri). Come dovremmo fare con le altre persone, cioè prima di giudicare mettersi nei panni altrui (ricordandoci che nessuno è perfetto), così dovremmo fare con noi stessi avendo ben presente, appunto, che neppure noi possiamo essere 'perfetti', ammesso che esista un parametro per definire la perfezione, come dicevi tu all'inizio. (Sempre tendendo a un miglioramento minimo, comunque).

robiv
robiv

Ciao Irene, innanzitutto perdona il lungo ritardo! Per quanto mi riguarda credo che l'indulgenza verso se stessi non voglia dire non migliorarsi come dicevi te! Credo che siamo sempre in evoluzione, dobbiamo probabilmente riconoscere e apprezzare le nostre potenzialità piuttosto che concentrarci sui "non è mai abbastanza". Ho scritto proprio un post ieri ;) htto://www.cambioprospettiva.it/imparare-a-sognare/

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