Pace2

salute e benessere zona etica conflitti etica litigi pace

irene70 irene70 - disiscritto, 21/02/2015 — In qualsiasi situazione di conflitto, da quelle pubbliche/lavorative e "politiche" a quelle più private, dovremmo (e uso il condizionale perché  è evidente che non è una cosa facilissima da fare) provare a comprendere le ragioni e il punto di vista dell'altro che non siamo noi, provare a immedesimarci  e non giudicare  a priori, perché errori ne facciamo tutti o ne faremo prima o poi.

Riuscire a capire anche solo  una piccola parte delle ragioni dell'altro, invece di considerare solo il nostro punto di vista, può aiutare a non dare avvio a una guerra vera e propria,  ché non ce n'è proprio bisogno oggi! (Magari non sarà  mai un accordo  ma almeno un disaccordo ragionevole e ragionato e con meno conseguenze).

Il risvolto ecologico è (come in tutte le buone pratiche di tipo etico) che  quando siamo in  (quasi) armonia con noi e con gli altri è più facile porre attenzione a quello che facciamo e quindi anche alle pratiche strettamente ecologiche (esempio stupido e banale: se stiamo litigando furiosamente con qualcuno mentre laviamo i piatti, stiamo davvero attenti a quanta acqua calda usiamo?).

Comincia subito il tuo diario delle buone pratiche green.
Dai il Contami e migliora goccia a goccia le tue abitudini.

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don_chisciotte
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Quale è la sua opinione sul futuro dell'India?

Non ho opinioni in merito. Non penso che l'India come tale sia realmente qualcosa d'importante. Ciò che è importante e' il mondo. Che si viva in Cina o in Giappone, in Inghilterra, India o America, diciamo:"il mio paese e' ciò che conta" e nessuno pensa al mondo nella sua interezza: i libri di storia non fanno che riportare guerre. Se fossimo in grado di comprendere noi stessi come esseri umani, forse smetteremmo di ucciderci l'un l'altro è porremmo fine alle guerre; ma finché rimarremo nazionalisti e penseremo soltanto al nostro paese, faremo del mondo un luogo terribile.‎ Una volta che avremo compreso che questa è la nostra terra, il luogo in cui tutti possono vivere felicemente e in pace, cominceremo a costruire qualcosa di nuovo; ma se continuiamo a concepirci come indiani, tedeschi o russi, e tutti gli altri come stranieri, non ci sarà mai pace, ne' potrà essere creato un mondo nuovo. (Jiddu Krishnamurti)

irene70 - disiscritto
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Oggi, comprando cioccolata al negozio di AltroMercato ho notato questo bel "consiglio":

don_chisciotte
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Esiste lo stesso identico "slogan'" che ha come soggetto...la felicità. E credo si possano sostituire tante altre "buone" parole...rispetto, educazione, amore....adesso poi che siamo sotto Natale potrebbero proliferare. Credo sia utile per capire che non dobbiamo attendere che certe cose accadano, dovremmo essere già noi a portarle nel cuore ed a diffonderle. Giusto, no? Ciao!

don_chisciotte
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Ho letto che sono esistite migliaia di anni fa in Europa le società gilaniche. ‎Questa scoperta, che ha spaccato anche il fronte degli archeologi, mina profondamente il nostro imprinting secondo cui non esiste altra forma di potere (e di 'civiltà') se non quello statale e gerarchico. ‎Pertanto sembra che di queste società non si parli mai nei testi scolastici, come se ci fosse una specie di censura, per non insinuare il fatto che si possa vivere anche senza stato (in anarchia).‎‎ ‎ Nella pratica del quotidiano vivere, il tutto si traduce come civiltà autorganizzata e non violenta, in cui uomini e donne hanno gli stessi diritti.‎ Stiamo parlando di quella fase temporale che si pone tra il Neolitico e la nascita degli Stati, quindi stiamo abbracciando un grande arco di tempo che va all'incirca dal 7000 al 3500 a.C. (talora sino al 1500 a.C.), dove nel Sud-Est dell'Europa, isole comprese, fiorivano società pacifiche, evolute, raffinate, senza gerarchie, senza governo, senza Stato, senza eserciti. Società non patriarcali, anarchiche ante-litteram, dove l'auto-organizzazione protratta per migliaia di anni non ha mai generato caos e violenze. In nessun sito o tomba gilanica sono state trovate armi, neppure nell'età della lavorazione dei metalli. Nessuna raffigurazione vascolare o parietale riporta scene di guerra. E le numerose statuette dellaDea Madre ('Venere' o 'Grande Dea', come viene chiamata da M. Gimbutas) attestano storicamente che all'inizio dio era donna e che, per conseguenza, queste società non contemplavano l'uso della forza fisica (come strumento organizzativo, offensivo e difensivo, prerogativa maschile opportunisticamente utilizzata dagli Stati creatori di eserciti e di repressione istituzionalizzata e legalizzata). Presso questi popoli l'Arte era fiorente e sofisticata, gli individui erano in costante armonia con la Natura e si professava il culto per la vita, quindi gli strumenti di morte non erano contemplati, né ammessi. Per conseguenza, non v'era nessuna intenzione di nuocere o di sottomettere, niente eserciti, niente repressioni, niente ingiustizie, niente gerarchie, niente mura di cinta: in un contesto così libero e pacifico, non potevano che nascere individui altrettanto liberi e pacifici, capaci di perpetuare questo modello di giustizia sociale. Tutto questo risponde anche a quelle persone che sono ancorate all'idea (sbagliata) secondo cui l'essere umano tenda per natura al dominio, alla malvagità, e che sia persino incapace di auto organizzarsi. L'Uomo nasce anarchico, cooperativo, solidale, pacifico, vitale, libero ('nessun uomo ha ricevuto dalla Natura il diritto di comandare gli altri' - D. Diderot). Nello specifico degli studi anarchici e antropologici, l'innato istinto cooperativo dell'Uomo è attestato anche dallo scrittore Colin Ward che lo dimostra in più occasioni, e anche, come citato prima, da Erich Fromm (qui). Le Dee Madri sono l'espressione sacra e votiva delle società gilaniche e sono presenti massicciamente in tutta l'Europa sudorientale, isole comprese, cioè in un'area vastissima in cui uomini e donne vivevano nella ricerca costante del miglioramento sociale, nel segno della libertà senza autorità. Il loro sistema culturale, fondato e maturato sull'ordinamento orizzontale (non piramidale e gerarchico), aveva prodotto le migliori espressioni sociali, un sano sviluppo tecnologico, scientifico, architettonico e artistico, volto al vero benessere personale e collettivo. Nel vivere sociale gilanico, il 'personale' e il 'collettivo' non erano considerati elementi dissociati, ma interdipendenti. Perciò Bakunin afferma spesso: 'non posso dirmi completamente libero, fintanto che gli altri non lo sono completamente'. In una società anarchica, come in quelle gilaniche, non esiste il suddito, poiché la coscienza collettiva e la stessa organizzazione sociale egualitaria lo impedirebbero a priori, non vi sono le condizioni necessarie per la creazione di qualsiasi tipo di oppressione e di senso di rivalsa. Tutto questo, scritto in estrema sintesi, non è riportato in nessun libro scolastico 'ufficiale'.‎

Per leggere l'articolo completo  italianimbecilli.blogspot.it ‎ ‎

gretagolia_granitas
gretagolia_granitas

Che bello. Molto interessante. Ho trovato anche una pagina su wikipedia di una sociologa Riane Eisler che studia queste società (citata anche nell'articolo che linki tu).

don_chisciotte
don_chisciotte

Ho chiesto informazioni anche ad un mio amico professore di storia e filosofia e così mi ha risposto: ‎ "Sono andato un po' a curiosare su internet. Discorso molto interessante supportato da testimonianze archeologiche. In questa ottica la così detta civiltà minoica sarebbe gilanica ma non è oscurata dai testi anzi da tutti i manuali di storia e arte molto celebrata. Una civiltà fiorente dedita al culto della dea madre e scomparsa dopo l'arrivo degli achei indoeuropei".

don_chisciotte
don_chisciotte

C'e' una canzone del 1967 di un gruppo psichedelico americano, la West Coast Pop Art Experimental Band‎, che ha un titolo bellissimo:"Suppose they give a war and no one comes" (traduzione: "Supponiamo che venga proclamata una guerra ma che non si presenti nessuno").

irene70 - disiscritto
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Bello, sì, potremmo supporlo (o continuare a sperarlo), che comunque male non fa ("Give Peace a Chance" avrebbe scritto qualcuno due anni più tardi).

irene70 - disiscritto
irene70 - disiscritto

Ieri mi è successa una cosa un po' spiacevole, riguardo al tema pace: camminavo in una zona dove ci sono vigneti, campi e poche abitazioni (più che altro ville), all'ora del tramonto per fotografare i colori incredibili di questi giorni di dicembre. Ero sulla strada principale, ma con un piede su una stradina sterrata e senza alcuna recinzione che porta verso una villa, con la macchina fotografica puntata verso il cielo e questo tramonto che nemmeno l'Africa (quindi era chiaro che fotografavo il cielo e non la villa, peraltro dall'altra parte dell'obiettivo) e un'auto arriva sparata e a momenti volutamente mi prende sotto. Dentro l'auto, una signora con lo sguardo truce mi fa cenno di no, che non si può fotografare, che lì è roba sua. Al che le chiedo se il cielo per caso sia suo... ma lei se ne va con lo sguardo schifato. Mi è venuta una tale rabbia che le ho dovuto gridarle dietro che il cielo è di tutti, se per caso non lo sapesse. Ma questa mia rabbia, e prima, la sua, derivata dal pensiero di chissà quale furto, mi hanno fatto riflettere su quanto sia labile la pace, appunto, se per ogni sciocchezza scattiamo in questo modo. Comunque, dato il giorno, tanti auguri a chi c'è, e di pace, soprattutto.

don_chisciotte
don_chisciotte

Beh dai, sei stata fortunata perché almeno non c'erano altre persone nei dintorni e quindi nessuno ti ha sentita‎ (a parte solo, e giustamente, la signora in auto).  Quindi mettiamola così: probabilmente avevi bisogno di sfogarti, di urlare, di far uscire qualcosa che era dentro di te da un po' di tempo e questa signora  con la sua assurda richiesta (ringraziamola per questo) ti ha dato il pretesto per farlo.  Certo, se avessi preso un sasso per fracassargli il cranio allora dovresti preoccuparti della labilità della pace, ma dato il tuo giustificato sfogo (io avrei fatto lo stesso) io direi che è stata una buona occasione per "urlare quello che dovevi urlare" e passare quindi il Natale in pace! Grazie e auguri anche a te.

irene70 - disiscritto
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Beh, grazie per la comprensione Don, in effetti era davvero necessario urlare, hai colto perfettamente il punto. Di nuovo tanti auguri a te e a chi passa di qui.

irene70 - disiscritto
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Domani (21 settembre) è la Giornata Internazionale della Pace. Potrebbe sembrare solo un insieme inutile di 4 parole se ci guardiamo attorno... però forse serve a pensare, o a portare la pace almeno nel nostro angolo di mondo, tra chi abbiamo vicino intendo. Qui suggeriscono di unire la giornata ad un tipo di guerriglia molto verde, e invitano a lanciare bombe di semi ehabitat.it. Buona giornata a tutti :)

don_chisciotte
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Questa è una vera e propria azione di "guerrilla gardening"! C'è anche la Buona Pratica su Contiamoci contiamoci.com

irene70 - disiscritto
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niente, la pace è un'utopia. Un pensiero per tutte le vittime di stasera a Parigi, per tutte le vittime nel mondo.

don_chisciotte
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Relativamente ai fatti di Parigi (e simili)...io non credo a quello che... vogliono farci credere che sia. Credo solo a quello che e' successo come fatto in se ma non alle motivazioni che vogliono darci. Contiamoci non e' il luogo adatto per discuture di questi argomenti e non sono nemmeno molto preparato per farlo, ma visto che hai scritto questo commento esprimo anch'io la mia opinione. Da spettatore che osserva i fatti, cerco sempre di vedere le cose sotto un'ottica diversa (non so se quella giusta). Quindi mi domando come sia possibile che in un mondo dove siamo tutti controllati, intercettati, filmati, sorvegliati, dove i satelliti ed i droni possono scovare chiunque, non si riescano ad incertettare, individuare e bloccare dei terroristi che girano con armi e bombe. Il mio timore e' che si sappia tutto ma che semplicimente li lascino fare, pur sapendo il caro prezzo da pagare in termini di vite umane innocenti. Un prezzo giustificato perche' questi fatti consentono di continuare a tenere sottomessi paesi poveri ma ricchi di risorse (petrolio?), per sfruttarli fino all'inverosimile. Con la scusa che sono pericolosi, fanatici religiosi, etc ed in questo modo l'odio dell'occidente nei loro confronti aumenta. Ma loro sono solo vittime, solo pedine che pensano di agire nel nome di Allah e che servono ai "potenti" per continuare a svolgere i loro loschi affari. E noi tutti giu' a crederci...la pace non c'e' perche' siamo noi occidentali a non volerla, inventandoci le guerre che servono a tutelare altri interessi di tipo economico. E' la mia opinione, ognuno e' libero di esprimerla e spero' che altri lo facciano. Ma non rispondero' a chi non e' d'accordo su cio' che ho detto, per non innescare discussioni che esulano dal contesto di Contiamoci.

irene70 - disiscritto
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No, non ci sarà nessuna discussione polemica qui, ne sono certa. Comunque la si pensi, la storia (non) insegna che l'uomo non sarà mai in pace, ci sarà sempre qualcuno, che bianco, nero, giallo o rosso, riempirà, per i suoi interessi (interesse è infatti ciò che ha trasformato l'uomo 'pacifico' in 'uomo contro uomo'), le menti di odio, che poi genererà altro odio (e sta andando sempre peggio). Per questo penso che la pace sia un'utopia (e forse questa buona pratica che porta questa parola non ha alcun senso) e sono desolata per il mondo che lasciamo a chi viene dopo di noi.

don_chisciotte
don_chisciotte

Sto leggendo su questo argomento e ci sono casi di società umane tradizionali che non combattono guerre. Quanto all'esistenza di una predisposizione genetica dell'uomo alla guerra, naturalmente questa base esiste, nello stesso senso ampio e non specifico in cui esistono una predisposizione alla collaborazione e ad altri sfaccettati comportamenti. In tempi recenti quasi tutte le società moderne si sono ritrovate coinvolte in un qualche conflitto, eppure qualcuna ne è rimasta fuori, e per ragioni comprensibili. E' per esempio il caso del Costa Rica, che nel 1949 ha abolito l'esercito in quanto la sua popolazione storica e le sue condizioni sociali hanno dato vita a tradizioni democratiche e relativamente egualitarie, e i suoi due unici vicini (Nicaragua e Panama) non costituiscono una minaccia e non rappresentano obiettivi di conquista particolari, eccezion fatta per il Canale di Panama che, se il Costarica fosse tanto folle da investire in un esercito apposta per attaccarlo, verrebbe però difeso niente di meno che dagli Stati Uniti. ("Il mondo fino a ieri" di Jared Diamond)

irene70 - disiscritto
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Ciao Don, è interessante e molto incoraggiante (e sarebbe da imitare!) questa esperienza del Costa Rica, grazie; riguardo alla tendenza dell'uomo alla guerra continuo purtroppo a pensarla un po' come S. Quasimodo nella sua poesia "Uomo del mio tempo" : "Sei ancora quello della pietra e della fionda,/uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,/con le ali maligne, le meridiane di morte,/t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,/alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,/con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,/senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,/..." (confesso che oggi non riscriverei una buona pratica così ingenua, e mi riferisco non solo alle guerre tra popoli, ma soprattutto alle battaglie tra due o poche persone, non credo più in molto... è rimasto solo il mio nome -che ridere!- a ricordarmi della 'pace' ). In ogni caso però bisognerebbe sempre poter sperare nella pace, questo senza dubbio.

don_chisciotte
don_chisciotte

Non è ingenua questa tua Buona Pratica Irene, e' semplicemente...difficile tra le persone, complicatissima tra i popoli. Ma se l'uomo è arrivato sulla luna...

don_chisciotte
don_chisciotte

Leggo e riporto.‎‎

Non ho tentennamenti nella condanna al terrorismo e al cordoglio delle vittime, ma l’unanime grido: sono in gioco la nostra civiltà, i nostri valori, il nostro stile di vita, la nostra felicità e la nostra gioia…mi inquieta.  Perché?

Perché sono convinto che siamo nel bel mezzo di una “Terza Guerra Mondiale a pezzi” di cui il terrorismo in nome di Dio è solo uno dei tanti pezzi. Che l’orrore parigino è solo una delle tante “rotture” con le quali il pianeta ci segnala che non ci regge più… E non regge proprio il nostro stile di vita, la nostra felicità, la nostra gioia e… l’arroganza della nostra cultura.

Perché siamo in guerra con la natura, la quale proprio a Parigi, alla Cop 21 sul clima, ci presenta un conto salatissimo, tragico e ultimativo. E non sarà chiudendo la bocca agli ambientalisti in nome della sicurezza che risolveremo i problemi.

Siamo in guerra con gli emigranti che assediano le nostre frontiere.

Siamo in guerra con i beni comuni: l’acqua, la terra, l’aria, il fuoco.

Le guerre portano il segno dell’accaparramento dei combustibili fossili che scarseggiano. Sono infinite e hanno provocato un milione di morti nel solo Iraq: dolore, torture e indicibili umiliazioni, inflitte a intere popolazioni dall’Occidente, senza “dissociazione” alcuna da parte nostra.

Ci scusiamo dopo, per gli errori commessi, mai per gli orrori e il dolore generati.

I mutamenti climatici provocano morte e dolore incalcolabili. Quarantasette bambini ogni giorno muoiono affogati in Bangladesh, solo perché il paese va sott’acqua. E non per colpa dei poveri della terra, ma perché ogni ora il nostro mondo spara nell’atmosfera centinaia di milioni di tonnellate di CO2 all’anno.

Siamo in guerra per l’acqua e con l’acqua e pensiamo di privatizzarla. I nostri governi e le nostre multinazionali negano l’accesso all’acqua potabile a un miliardo di persone e 5.000 bambini muoiono ogni giorno per questa ragione.

Siamo, con il land grabbing, in guerra con i contadini per accaparrare le terre e cacciarne uomini e donne che ci vivono da secoli.

La guerra agli emigranti è sotto i nostri occhi con muri, fili spinati, barche affondate e con il modo con il quale li trattiamo in Occidente: sfruttati, umiliati, insultati, schiavizzati.

E siamo in guerra con i poveri delle favelas e con i poveri delle nostre stesse periferie cittadine

Ma non ci passa per la testa che al fondo c’è proprio il nostro stile di vita occidentale intoccabile e che sbandieriamo come una chimera a tutto il resto del mondo. Parliamo dei nostri valori mentre priviamo i nostri stessi cittadini europei dei diritti sociali fondamentali su cui si fondano le nostre Costituzioni. Anzi, cancelliamo dalle Costituzioni questi diritti e li sostituiamo con il pareggio di bilancio.

Circondati da povertà, da ingiustizia, da catastrofi ambientali, consideriamo le cose inutili indispensabili e i nostri desideri diritti universali. Vengono al pettine tutte le contraddizioni del “nostro sviluppo” e il mondo, come una locomotiva, corre inarrestabile verso la catastrofe, guidata da un impalpabile conduttore: il mercato, che guida la Casa Comune senza “misericordia alcuna” ad una velocità infinitamente superiore alle nostre capacità di pensare.

Di pensare al dolore e all’odio che seminiamo in tutto il mondo, di pensare a come rielaborare questo nostro dolore spettacolarizzato, per sentire quello ignorato, che provochiamo negli altri. Il dolore universale è l’elemento da far emergere dai tragici fatti di Parigi.

Da decenni l’Occidente genera indifferenti e conformisti, incoscienti del grande dolore che il futuro prossimo ci riserva.‎ (Emilio Molinari)‎

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Guardate questa foto internazionale.it - la trovo commovente: sembra impossibile che l'umanità sia stata capace di inventare due cose terribilmente diverse come la guerra e la musica...

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Per capirsi bisogna saper comunicare; Thomas Gordon é uno psicologo contemporaneo conosciuto in tutto il mondo per il suo metodo per migliorare la comunicazione e la risoluzione di conflitti tra genitori e figli, insegnanti/allievi etc. Gordon ha individuato 12 barriere alla comunicazione: si tratta di atteggiamenti che caratterizzano il non ascolto e che in un certo senso limitano il potenziale del comunicare. Per questo vanno limitate ed evitate il più possibile. Se il metodo da lui studiato è specifico per la relazione genitori/figli o insegnanti /allievi, nella pratica le sue 12 barriere alla comunicazione sembrerebbero valide per qualsiasi età e contesto. Le barriere sono le seguenti: 1-Ordinare, esigere 2-Minacciare 3-Fare la morale 4-Dare soluzioni già pronte 5-Persuadere con argomentazioni logiche 6-Giudicare, disapprovare, criticare 7-Fare complimenti e approvare immeritatamente 8-Umiliare, ridicolizzare 9-Interpretare, analizzare i comportamenti altrui 10-Consolare, minimizzare 11-Cambiare argomento 12-Indagare, interrogare

irene70 - disiscritto
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Un bel libro dello psichiatra francese Christophe André "Imperfetti e felici" affronta il tema di imparare a essere se stessi e trovare il proprio posto in mezzo agli altri e un capitolo si intitola proprio "Non giudicare più: i vantaggi dell'accettare gli altri". Qui si spiega l'importanza del comportamento empatico per risolvere i conflitti e stare meglio soprattutto con se stessi. Dice che l'osservazione empatica degli altri necessita di una pratica costante e dà cinque consigli che aiutano ad acquisirla: - passare dal generale allo specifico, cioè esercitarsi a frammentare e a bilanciare il proprio giudizio (trovare cioè i pro e i contro di una persona) - passare dalla tentazione di giudicare la persona allo sforzo di limitarsi a descriverne il comportamento - passare da un punto di vista permanente(è fatta così) a un punto di vista relazionale (in quella situazione agisce così) - passare dalla modalità giudicante a una modalità comprensiva (se è così, perché lo fa...) - passare dal risentimento alla discussione. (... sì, avete ragione, a parole sembra tutto facile... ;) )

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